“MOLESTIE, FACEBOOK, CYBERSTALKING E RISARCIMENTO DEL DANNO ESISTENZIALE”

  Sei stato molestato su Facebook e questo ha condizionato le tue abitudini di vita e ti ha incusso terrore, ansia, paura?
Rivolgiti alla Polizia Postale per far cessare la condotta persecutoria.
Poi se vuoi puoi rivolgerti a un avvocato esperto nel diritto dell’Internet per rivendicare i tuoi diritti.

Se sei curioso puoi leggere questo articolo.
MOLESTIE, FACEBOOK, CYBERSTALKING E RISARCIMENTO DEL DANNO ESISTENZIALE”- Deborah BIANCHI

http://www.personaedanno.it/index.php?option=com_content&view=article&id=38623&catid=235&Itemid=487&contentid=38623&mese=04&anno=2012

 Molestie su Facebook e dal vivo fanno scattare la reclusione a due anni e quattro mesi per il persecutore di due ragazze. Lo dice la Cassazione, sez. V penale, 12 aprile 2012 n. 13878, Pres. Oldi, Rel. Zaza.
Sempre più spesso sentiamo casi di cyberstalking che poi hanno un seguito anche nella vita fisica delle persone offese. Condotte quindi che oltre a integrare la fattispecie di reato concretizzano anche la fattispecie di responsabilità civile aquiliana a cui può seguire la richiesta di risarcimento del danno. Danno che per questa figura di reato si colloca in modo primario nell’ambito del danno non patrimoniale alla persona e precipuamente nell’area del danno esistenziale. Pensiamo appunto al dettato normativo dell’art. 612 bic c.p. : “condotte reiterate….da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.”

Considerato il materiale giurisprudenziale pubblicato sul tema non si rilevano casi in cui la vittima abbia richiesto anche il risarcimento del danno. Il dato stupisce in quanto risultano esserci tutti gli elementi per la richiesta risarcitoria.

Pensiamo al danno morale e al danno psichico di una persona che avverte la materiale persecuzione. Pensiamo al danno esistenziale prodotto nella vita quotidiana dell’offeso costretto a cambiare radicalmente i propri spostamenti. Essere costretti a uscire di casa lo stretto indispensabile privandosi della consueta vita di relazione; essere costretti a farsi accompagnare ovunque essendo privati della propria libertà di circolazione; essere costretti a chiudere il proprio profilo Facebook a causa dei continui messaggi vessatori rinunciando così alla vita sociale nella Rete.

Sotto il profilo civilistico il presupposto della costrizione a cambiare le abitudini di vita si dimostra un elemento estremamente importante. L’evento lesivo che impone lo sconvolgimento dell’agenda del soggetto comporta di solito anche l’evento dannoso. Il danno di carattere non patrimoniale che si riflette sul “fare” della persona. Un “fare” che non può più essere come prima dell’evento pregiudizievole e che per questo sconvolge l’ambito relazionale del soggetto e lo costringe ad attività alternative sostanziantesi in un “fare altrimenti”. La vittima dello stalker è costretta a cessare la frequentazione degli ambiti relazionali consueti (la propria abitazione, il lavoro, la cerchia degli amici, la community digitale preferita) o a mantenerne il contatto solo a costo di un disagio profondo e destabilizzante. Si tratta di un evidente danno all’esistenza che si accompagna inevitabilmente con il danno biologico dovuto alle turbe psichiche procurate dallo stato di terrore in cui la vittima è costretta a vivere.

Si potrebbe obiettare che questi elementi seppur dimostrabili appaiono difficili da quantificare. E’ vero: la strada di monetizzazione del danno esistenziale non è facile. Tuttavia invocando il criterio della giustizia equitativa supportato da eventuali dati statistici e da fondate allegazioni risulta possibile ottenere il riconoscimento monetario del danno all’esistenza. Danno che non può e non deve essere medicalizzato includendolo nel danno biologico perché di fatto è pregiudizio ad altra sfera della persona.

Attualmente purtroppo non disponiamo di materiale pretorio per presentare dei casi tuttavia in una condizione siffatta la vittima dello stalker può senza dubbio porre mano anche all’azione civile di risarcimento del danno (sia permesso rinviare a “Internet e il danno alla persona”, D. Bianchi, Giappichelli 2012, http://www.giappichelli.it/Home/88-7524-203-9,7524203.asp1).

Gli elementi da allegare sono sempre gli stessi: la violazione di un diritto inviolabile quale quello della libertà individuale; la tipologia di danno; la prova tramite perizie tecniche e presunzioni. Pensiamo ai casi di diffamazione on line che producono ricadute negative nella vita di relazione. E’ il caso analizzato dal Tribunale di Roma 15 settembre 2007 n. 20383 della nota attrice che si è vista pubblicare in Internet foto “saffico-porno­gra­fi­che” (violazione del diritto alla reputazione). La vittima ha reagito chiudendosi in casa e rifiutando qualsiasi contatto esterno.

Qui la prova poteva essere allegata in via presuntiva invocando il danno non patrimoniale all’esistenza della donna che abituata a tenere molte relazioni anche per lavoro si è trovata in uno stato di completo isolamento. In questo caso poi oltre al ragionamento presuntivo la difesa ha potuto contare anche sulle prove testimoniali e dunque la dimostrazione del pregiudizio è stata ancora più forte.

«Le testimonianze raccolte in giudizio hanno provato che E.W. non ha più avuto il coraggio di frequentare amici, si è astenuta dal frequentare sfilate di moda e eventi mondani, non ha più provveduto alle ordinarie faccende domestiche di cui fino a quel momento si era occupata in prima persona».

(Trib. Roma, 15 settembre 2007 n. 20383, “Diritto dell’Internet”, 2/2008, p.133).

Riguardo al quantum risarcitorio nelle ipotesi di cyberstalking possiamo riferirsi ancora una volta al caso della nota attrice diffamata on line appena citato. Non essendo state fornite prove documentali (ad es. perizia medico-legale), il giudice capitolino si fonda sul criterio della liquidazione in via equitativa e riconosce un danno di euro 10.000,00:

«… così precisato, il danno risarcibile deve essere attribuito … unicamente come danno non patrimoniale non avendo l’attore dedotto (e dimostrato) conseguenze patrimoniali e viene equitativamente liquidato nell’importo al valore attuale pari a euro 10.000,00». (Trib. Roma, 15 settembre 2007 n. 20383, “Diritto dell’Internet”, 2/2008, p.133).

Nelle fattispecie di cyberstalking cambia soltanto il diritto violato e la condotta ma in punto di allegazioni, prova e quantum potremmo riferirci tranquillamente anche a casi di diffamazione on line per offrire al giudice un parametro di riferimento per ricostruire il quantum risarcitorio.

 Al riguardo risulta utile sottoporre all’attenzione del lettore un vero e proprio leading case in materia di diffamazione on line (sia permesso rinviare a “Internet e il danno alla persona”, D. Bianchi, Giappichelli 2012, Cap.2, p.19,http://www.giappichelli.it/Home/88-7524-203-9,7524203.asp1).

 Si tratta del Trib. Monza, 2.3.2010 che esamina un’azione diffamante veicolata nello spazio di Facebook. Qui il giudice accoglie la domanda risarcitoria per danno morale di una giovane oltraggiata mediante l’invio di messaggi offensivi condivisi sul social network Facebook (FB). La giovane in parola frequentando lo spazio elettronico di FB fa amicizia con un ragazzo. L’amicizia sfocia in una relazione sentimentale che ben presto rivela un amaro epilogo: il giovane interrompe la liaison con un messaggio lesivo postato nell’area condivisa da tutti gli “amici” del profilo della vittima offendendola nel suo aspetto fisico (si allude al difetto di strabismo da cui è affetta) e nella sua dignità personale e sessuale (si fanno apprezzamenti molto pesanti sugli eventuali gusti sessuali della vittima).

Il messaggio viene riportato sulla bacheca di un “amico Facebook” comune e quindi sfugge al controllo della ragazza divenendo disponibile anche a terzi. Le comunicazioni di social networking presumono lo scambio di messaggi one to many dove lo stesso contenuto inviato da un singolo arriva a una pluralità di destinatari. Questo tipo di conversazione si colloca negli spazi digitali di discussione o comunque di confronto messi a disposizione dalle piattaforme elettroniche che ospitano forum, chat, mailing list e così via. Il social network in parola oltre alla forma di comunicazione one to many presenta altresì dei meccanismi cosìddetti “virali” ovvero degli strumenti che permettono di copiare (taggare) da un profilo utente i dati (ad esempio un messaggio, una foto, un video) e incollarli in un altro profilo esautorando di fatto l’interessato dal diritto di esercitarvi il legittimo controllo. Così facendo il materiale personale di un individuo viene copiato nel profilo di terzi utenti e non potrà più essere eliminato. Occorre considerare altresì che le condizioni di licenza di FB stabiliscono che la piattaforma diventa “proprietario” dei dati ivi inseriti così anche se l’interessato disattiva il proprio profilo-utente i dati taggati continueranno a circolare sul sito senza alcuna possibilità di controllo.Questi tipi di meccanismi virali presentano un’alta soglia di rischio per la commissione di illeciti da informazione digitale.

 Il magistrato della pronunzia in questione ha valutato molto grave il potenziale lesivo del messaggio proprio perché soggetto a essere postato in questa modalità virale che conferisce una risonanza micidiale alle offese.

«Non possono sussistere ragionevoli dubbi sulla affermazione di civile responsabilità del convenuto quanto agli effetti e ai pregiudizi arrecati dal messaggio del giorno 1 ottobre 2008 e dalla reale (e ancor potenziale) sua diffusione … alla luce del cennato carattere pubblico del contesto che ebbe a ospitare il messaggio de quo, della sua conoscenza da parte di più persone e della possibile sua incontrollata diffusione a seguito di tagging. Elemento que­st’ultimo idoneo ad ulteriormente qualificare la potenzialità lesiva del fatto illecito».

(Trib. Monza 2.3.2010, Calabrò, Persona e danno, www.personaedanno.it).

Il leading case appena analizzato si dimostra utile anche ai fini delle allegazioni per un’eventuale richiesta risarcitoria a fronte di un differente caso di cyberstalking.