“WEB REPUTATION. UNA POLIZZA ASSICURATIVA DA RC INTERNET”- Deborah BIANCHI

“WEB REPUTATION. UNA POLIZZA ASSICURATIVA DA RC INTERNET”- Deborah BIANCHI

La web reputation nel mondo elettronico e’ una delle nuove frontiere del marketing e uno degli aspetti principali del danno alla persona.

EVGENY MOROZOV nella traduzione di Maria Sepa, Corriere della Sera 16 febbraio 2012 lancia una proposta-provocazione al mondo dell’Internet e soprattutto al mondo della Societa’ dell’informazione.

In uno scenario elettronico in cui tutto sta divenendo social anche le informazioni riservate rischiano di essere esposte al dominio pubblico. Pensiamo alle falle nelle varie policy privacy di Facebook e di Google. Pensiamo alle incursioni barbariche di Anonymous su data center di rilievo internazionale. Enormi danni alla reputazione derivano a personaggi pubblici dalla discovery di certe notizie sul loro conto. Altrettanti danni derivano al cittadino comune da discovery che l’esaminatore di turno scopre da Facebook e per questo decide di depennare la relativa candidatura dagli aspiranti a quel posto di lavoro.

Come risolvere il problema dei danni da discovery on line su informazioni personali che dovrebbero restare riservate? Esiste la sanzione e la fattispecie risarcitoria del danno da trattamento illegittimo del dato. Evidentemente tuttavia nei fatti risulta non efficace.

Esistono le policy privacy. Addirittura Facebook e Google sull’onda allarmistica di certi report in materia stanno lavorando a nuovi regolamenti per gestire i propri profili digitali.

L’Unione Europea sta lavorando su un nuovo pacchetto di regole che dovranno costituire l’articolato della nuova direttiva sulla data protection on line. In particolare si pone al centro del dibattito il cosiddetto diritto all’oblio ovvero il diritto a essere dimenticati. Corrispondentemente i gestori delle piattaforme digitali devo offrire gli strumenti idonei per permettere all’utente di cancellare notizie dai propri profili che non si vogliono piu’ rendere disponibili al pubblico. Questa proposta UE prevede che le aziende si dotino di una figura professionale atta a valutare l’impatto privacy delle politiche aziendali sui patrimoni informativi interni ed esterni nell’Internet.

Anche Evgeny Morozov avanza la propria proposta: perche’ non ammettere una polizza assicurativa atta a risarcire i danni da sinistri on line?

Ascoltiamo dalle parole dello stesso Evgeny Morozov esperto mondiale dell’Internet riportate da Maria Sepa nell’articolo sul Corriere della Sera del 16 02 2012 i termini di questa proposta.

Proposta apripista di un dibattito sulla RC Internet del tutto condivisibile.

“E se si trovasse una soluzione più elegante? Potremmo creare un sistema di assicurazione obbligatoria per i danni online! Che cos’è infatti la diffusione accidentale di informazioni riservate, se non un disastro online – un terribile tsunami informatico creato dall’uomo, che può distruggere la reputazione come un vero tsunami distrugge una casa? Se Facebook non elimina una foto che avevamo chiesto di cancellare tre anni fa, o se Google diffonde accidentalmente la nostra rubrica e, soprattutto, se questo ci ha causato un danno dimostrabile (ad esempio un ex fidanzato pazzo ha cominciato a perseguitarci in conseguenza di ciò), dovremmo poter ricevere un risarcimento in denaro. Starebbe poi a noi decidere se usarla per iniziare una nuova vita o per utilizzare i servizi di una di quelle start-up specializzate nel migliorare la nostra reputazione online (o farla sparire). Le somme in gioco non dovrebbero peraltro essere insignificanti. Dal momento che solo una piccola percentuale di utenti subisce dei danni effettivi dalla diffusione di informazioni, se tutti versassero una piccola quota mensile si raccoglierebbero i fondi necessari ad aiutare chi ha problemi.

Questo sistema ha molti vantaggi. Prima di tutto, non interferirebbe con il funzionamento di Internet. Non c’è bisogno di bandire dalla Rete l’anonimato o di creare una sofisticata infrastruttura censoria per poter applicare «il diritto di essere dimenticati». In secondo luogo, darebbe alle vittime dello tsunami informatico una qualche compensazione. Non ci sarebbero più vaghe promesse del tipo «non accadrà mai più», ma chi è danneggiato riceverebbe una somma di denaro. Infine, renderebbe più democratico l’accesso ai servizi che tutelano la nostra reputazione: veder ripristinata la propria reputazione non sarebbe più solo appannaggio dei ricchi che possono pagare migliaia di dollari per questo beneficio. E soprattutto si manterrebbe lo spirito innovativo di Internet. Le società che operano in Internet non avrebbero bisogno di modificare i loro modelli di business per soddisfare le esigenze più stravaganti che discenderebbero dal «diritto di essere dimenticati». Analogamente, gli utenti ordinari, che rischiano di diventare sempre più paranoici riguardo alla loro reputazione, non avrebbero bisogno di cancellare tutti i loro account o di diventare degli eremiti digitali. Anche se Anonymous rivelasse qualcosa di loro, otterrebbero almeno una compensazione economica.

Questa assicurazione sulla reputazione online non è, ovviamente, una panacea – non deve essere intesa come un sostituto della legge e dell’educazione dell’utente di Internet, strumenti principali di tutela dell’interesse pubblico. Le aziende che trattano i dati degli utenti in modo negligente dovrebbero comunque essere multate e sanzionate penalmente. Ma un sistema assicurativo di questo genere offrirebbe un minimo di compensazione a chi di noi si trovasse schiacciato negli angoli più kafkiani di Internet.”