“IMU E CONIUGI SEPARATI: CHI PAGA?”

L’Imu sulla prima casa potrà essere pagata, a scelta del contribuente, in due o tre rate (16 giugno, 17 settembre, 17 dicembre). Lo prevede un emendamento al dl fiscale, approvato dalla commissione Finanze della Camera. 

 A onorare il tributo sono tenuti il proprietario dell’immobile, ma anche i titolari di diritti reali come uso o usufrutto e i coniugi separati o divorziati che abitano la ex casa coniugale.

 L’associazione avvocati matrimonialisti italiani critica la disposizione normativa sulla debenza dell’imposta riconnessa a chi occupa la ex casa coniugale. Queste le osservazioni del presidente dell’Ami, Gian Ettore Gassani: «non si può stabilire a priori, in caso di separazione o divorzio, chi dovrà pagare l’Imu sulla casa, perché dipende dalle condizioni economiche dei coniugi. È una decisione che quindi andrebbe lasciata al giudice, che dovrebbe stabilire caso per caso a chi tocca l’incombenza…..Sulla questione del pagamento della tassa comunale sulla casa dei coniugi separati la giurisprudenza è sempre stata contraddittoria. Prima l’Ici doveva essere pagata dal coniuge assegnatario, poi sono cambiate le regole e la doveva pagare il proprietario. Ora a quanto pare si torna all’orientamento originario, abbandonato da una decina di anni». L’emendamento al dl fiscale proposto dal relatore «è condivisibile ma fino a un certo punto – osserva Gassani – dipende in effetti dalle capacità economiche del coniuge assegnatario. Se costui ad esempio riceve un assegno di mantenimento basso, ci potrebbero essere dei problemi. Oppure se è una casalinga con poche risorse o una persona disabile, dove trova i soldi per l’Imu?». Gassani prospetta la soluzione di dividere a metà il pagamento tra i due ex coniugi. Nei casi poi di notevole differenza di capacità economica tra i due, potrebbe essere il coniuge più ricco a pagare. «Ogni separazione ha una sua storia – conclude – si separano i miliardari ma anche i poveracci. Meglio demandare al giudice la valutazione caso per caso». Precisa infine che l’80 per cento delle separazioni riguarda persone di ceto medio-basso, che non arrivano a 1.400 euro al mese di stipendio, cifra che quando c’è una separazione diventa ancora più bassa.