“SI’ AL MANTENIMENTO DEI FIGLI MAGGIORENNI”- Deborah BIANCHI

DIRITTO
Il Sole-24 Ore del lunedi – 2012-04-23 – Pag. 39.-Carmelo Padalino
Cassazione. Dal 2004 a oggi si sono moltiplicate le decisioni che considerano in modo differenziato la situazione di autonomia economica. I ricchi mantengono i figli over trenta. In caso di separazione dei coniugi la condizione agiata «decide» il prolungarsi dell’assegno.
90 mila  Separazioni l’anno. Ogni anno nei tribunali si dichiarano
anche circa 50mila divorzi.

“Bamboccioni” più tutelati se sono figli di ricchi. O, almeno, di benestanti. Il filo rosso che lega le sentenze sul mantenimento dei figli maggiorenni è sempre più evidente: le buone condizioni economiche dei genitori, infatti, costituiscono un criterio di lettura di tutte quelle sentenze (e non sono poche) che giustificano il protrarsi dell’obbligo di sobbarcarsi gli eredi nelle ipotesi in cui questi ultimi, ancorché anagraficamente adulti (dai 26 ai 35 anni), siano ancora impegnati negli studi universitari o comunque non guadagnino abbastanza.
Una serie di sentenze, di merito ma soprattutto di legittimità, relative a casi di assegno di mantenimento in favore dei maggiorenni posto a carico del genitore separato o divorziato, ha ora ulteriormente rafforzato questa tendenza, già espressa negli ultimi anni.
La decisione capostipite (Cassazione, 16 marzo 2004, n. 5317) fu quella sul figlio ventottenne di un notaio a cui venne riconosciuto il mantenimento nonostante una carriera universitaria non propriamente brillante: otto gli anni di iscrizione, altrettanti gli esami sostenuti. Ce n’è abbastanza per rispolverare il “bamboccione” di Padoa Schioppa, ma il papà benestante non poté disinteressarsene dal punto di vista economico. E questo sulla base del presupposto che, ove la famiglia non fosse entrata in crisi, i figli sarebbero stati mantenuti senza dar peso alla loro età anagrafica per consentirgli di avere più chance di realizzarsi professionalmente.

L’importanza assunta dall’agiatezza della famiglia di origine si coglie anche quando la Suprema corte afferma che il figlio maggiorenne non perde il diritto al mantenimento se rifiuta una sistemazione lavorativa non adeguata rispetto a quella cui la sua specifica preparazione, le sue attitudini e i suoi effettivi interessi siano rivolti, quanto meno nei limiti temporali in cui queste aspirazioni abbiano una ragionevole possibilità di essere realizzate e sempre che l’atteggiamento di rifiuto sia compatibile con le condizioni economiche della famiglia (Cassazione, 24 settembre 2008, n. 24018).
Venendo a una serie di sentenze più recenti, si può rilevare che la giurisprudenza:
– ha riconosciuto il diritto al mantenimento in favore della figlia trentacinquenne dei coniugi separati (Cassazione, 8 febbraio 2012, n. 1773);
– ha ritenuto non indipendente economicamente la figlia ventiseienne laureata in fisica nucleare e che aveva superato l’esame di dottorato di ricerca, percependo una borsa di studio di 800 euro mensili; considerate, per un verso, la temporaneità dell’importo economico conseguito (correlato al tempo definito del dottorato di ricerca), e, per altro verso, le incrementate e presumibili necessità della figlia stessa, diventate ancora più incisive per effetto della sua dedizione agli studi postuniversitari (Cassazione, 15 febbraio 2012, n. 2171);
– ha ritenuto che la retribuzione di 500 euro mensili che la figlia ventiquattrenne ricava dall’attività lavorativa di impiegata part time, con contratto a progetto, fosse inidonea a consentirne l’autosufficienza economica (Cassazione, 30 marzo 2012, n. 5174);
– ha riconosciuto l’assegno di mantenimento in favore della figlia trentaquattrenne, studentessa universitaria, ampiamente fuori corso a giurisprudenza (Corte di appello di Napoli, 18 marzo 2011).
Dall’esame di queste pronunce risulta, ancora una volta, che l’età del figlio maggiorenne non è sufficiente, di per sé, a escluderne automaticamente il diritto al mantenimento, non potendosi desumere la colpa del mancato conseguimento dell’indipendenza economica solo dal l’età non più “giovanile”.

Situazioni opposte
IL CASO. LA DECISIONE: LO SPORT NON DÀ REDDITO
Cassazione, sentenza n. 17203/2011
Figlia ventiseienne, pallavolista professionista.
La Corte d’appello le ha riconosciuto l’assegno di mantenimento sul rilievo che la pratica dell’attività sportiva non era retribuita, ma garantiva all’atleta un mero rimborso spese. La Cassazione ha confermato l’assegno di mantenimento, perché il padre non aveva prodotto documenti da cui risultasse la percezione del reddito asseritamente goduto dalla figlia pallavolista professionista.

LA COMMESSA È RAGIONIERA
Cassazione, sentenza n. 14123/2011
Figlia venticinquenne, con diploma di ragioneria, assunta part time a tempo indeterminato, con le mansioni di commessa e con una retribuzione mensile di 600/650 euro. La Corte d’appello le ha riconosciuto l’assegno di mantenimento, rilevando che l’attività svolta non era confacente alle sue aspirazioni e che la retribuzione percepita non le permetteva una piena autosufficienza economica, tale da determinare la cessazione dell’obbligo a carico del padre, bensì la sua mera attenuazione. La Cassazione ha confermato l’assegno per la figlia, assecondando, nei limiti della ragionevolezza
e sulla base delle circostanze concrete inerenti alla possibilità di inserimento lavorativo, le sue aspirazioni a sfruttare il diploma di ragioniera, e, al contempo, garantendole il mantenimento fino all’acquisizione di un’adeguata autosufficienza economica. La quale va accertata anche in base all’entità dei proventi dell’attività esercitata nella ragionevole attesa di una migliore collocazione.

QUANDO L’ASSEGNO SPETTA…ANCORA ALL’UNIVERSITÀ
Cassazione, ordinanza n. 24989/2010
Figlio venticinquenne, iscritto all’università, che, dopo il divorzio dei genitori, ha svolto attività lavorativa di modesto valore e con esigua retribuzione. La Corte d’appello ha imposto al padre di versare direttamente al figlio, ancora convivente con la madre e non ancora (ma non per sua colpa) economicamente autonomo, un contributo
di mantenimento mensile di 400 euro. La Cassazione ha confermato la non indipendenza economica del figlio, sul rilievo che aveva avuto esperienze lavorative di collaborazione con compensi inidonei a consentirgli un’esistenza libera e dignitosa, e tenendo anche conto dell’attuale proficua dedizione del giovane a studi di livello universitario, rispondenti alle sue possibilità di riuscita, compatibili
con le condizioni economiche della famiglia.

…E QUANDO VIENE NEGATO. STUDENTE SÌ,MA LAVORATORE
Cassazione, sentenza n. 4555/2012
Figlio, originario di Lecce, che aveva conseguito la laurea triennale in Ingegneria a Torino, era stato assunto, come impiegato tecnico, a tempo indeterminato e con stipendio mensile di 1.500 euro, e si era iscritto al biennio di specializzazione della facoltà di Ingegneria. La Corte d’appello gli ha riconosciuto un assegno di mantenimento, poiché, in quanto studente-lavoratore, non aveva conseguito una collocazione adeguata nel corpo sociale e necessitava di proseguire gli studi. La Cassazione ha negato l’assegno, affermando che la sentenza di merito, nel valorizzare solo la circostanza della prosecuzione degli studi del figlio (dato, di per sé, non esaustivo), ha omesso di accertare se il maggiorenne, in relazione al percorso di studi intrapreso, alle condizioni economiche della famiglia, al tipo di occupazione con riferimento alla corrispondenza alle aspirazioni professionali perseguite, nonché all’entità della retribuzione, avesse raggiunto l’indipendenza economica.

GENITORI BENESTANTI
Corte d’appello di Napoli, sentenza 18 marzo 2011
Figlia trentaquattrenne, laureanda in giurisprudenza e convivente con la madre. Il Tribunale le ha riconosciuto un assegno
di mantenimento di 450 euro mensili. La Corte d’appello ha confermato tale assegno, mettendo in rilievo la buona posizione economica dei genitori, che ben possono permettersi di mantenere ancora la loro unica figlia, tanto più nella fase finale degli studi.

IL PART TIME NON BASTA
Corte d’appello di Bologna, 15 maggio 2009, n. 650
Figlia trentenne, che lavorava in base a un contratto di lavoro a tempo indeterminato, sebbene in regime di part time (per dedicarsi agli studi universitari), con stipendio mensile di 650 euro.
Il Tribunale ha riconosciuto un assegno di mantenimento in favore della figlia di 500 euro mensili, oltre a porre a carico del padre il 50% delle spese scolastiche e sanitarie. La Corte d’appello ha confermato tale assegno ritenendo che la figlia, con la retribuzione percepita, non fosse in grado di provvedere da sola alle proprie esigenze di vita quotidiana, ragion per cui il padre doveva assicurarle assistenza, in modo da consentirle di terminare gli studi e conseguire un titolo che potesse garantirle un migliore e più vantaggioso inserimento nel mondo del lavoro.

LA RETRIBUZIONE MENSILE È INSUFFICIENTE
Tribunale Trieste, sentenza 18 agosto 2011
Figlia maggiorenne che ha stipulato, da oltre due anni, un contratto di lavoro a tempo determinato, come ragioniera, percependo una retribuzione mensile di 750 euro. Il padre ha chiesto di essere esonerato da ogni forma di contribuzione, dovendo anche provvedere al mantenimento della nuova moglie, disoccupata,
e del figlio minore avuto da quest’ultima. Il Tribunale ha riconosciuto un assegno di mantenimento alla figlia di 100 euro mensili, perché la retribuzione mensile da lei percepita non valeva a renderla autosufficiente, non essendo ragionevole pensare che potesse provvedere a tutte le sue necessità (vitto, alloggio e modesti svaghi). Peraltro, la retribuzione stessa, anche se inadeguata, valeva
a ridurre il contributo a carico del padre.

IL POSTO DA PAPÀ NON SI RIFIUTA
Cassazione, ordinanza n. 610/2012
Figlia trentaseienne, laureata in Conservazione e restauro di beni culturali, che godeva della rendita di un appartamento donatole dal padre, e che aveva disatteso, senza alcuna convincente giustificazione, ogni invito dello stesso genitore a lavorare in una delle sue aziende operanti in ambito edilizio, ove già lavoravano gli altri due figli della coppia.  La Corte d’appello nega l’assegno di mantenimento La Cassazione conferma il diniego dell’assegno, poiché la figlia, ormai trentaseienne, titolare di una rendita immobiliare e laureata, era in grado di attendere a occupazioni lucrative ingiustificatamente da lei rifiutate, anche in rapporto al possibile inserimento lavorativo nell’ambito dell’attività imprenditoriale svolta dal padre (che avrebbe comportato mansioni compatibili con il suo titolo di studio).

LA SEGRETARIA SI MANTIENE
Cassazione, sentenza 15 luglio 2010, n. 16612
Figlia trentaquattrenne che lavorava, con mansioni di segretaria, nello studio di un commercialista e che non aveva neppure dichiarato di trovarsi in una situazione di dipendenza economica.
La Corte d’appello ha rigettato la domanda di riconoscimento di un assegno di mantenimento a carico del padre La Cassazione ha confermato il diniego dell’assegno, osservando che, nel momento
in cui chiede il mantenimento al genitore, il figlio maggiorennne deve mettere in evidenza la mancanza di indipendenza economica.